ECO-ANSIA COME DISAGIO SOCIALE. CHE FARE?
Cambiamento climatico, aumento
delle temperatura, disastri naturali, scarsità di risorse, un mix perfetto per
l'eco ansia. Ma cos'è? L'Associazione americana di psichiatria definisce
l'ecoansia come paura cronica di una catastrofe ambientale, che comporta
un'accentuata sofferenza emotiva, mentale o somatica in risposta ai pericolosi
cambiamenti del clima (APA, 2017; CPA, 2020). L'ansia è l'insieme delle
sensazioni somatiche per un evento non ben definito. Sembra che a soffrirne
siano soprattutto giovani e qualche studioso. Il fenomeno non è ben conosciuto
perché è molto recente. La letteratura ha evidenziato come l'ecoansia da
cambiamento climatico possa provocare diversi risvolti psicopatologici tra cui
stress (da lieve ad acuto), depressione, ansia, disturbo da stress
post-traumatico, suicidio, violenza domestica e abuso di sostanze. Allo stesso
modo, è stata anche associata ad attacchi di panico, perdita di appetito,
irritabilità e insonnia proprio dall'APA nel 2010. Questa non è altro che
ansia, come tutti la conosciamo nella nostra personale esperienza umana, ma più particolarmente percepita come minaccia
alla vita a causa di eventi climatici. In sé non è cosa nuova, ma studiarla fa
bene per capirne l'impatto sociale. Come ogni stato psicologico essa può
rientrare in canoni di tollerabilità e, allora, la definiamo ansia adattativa;
se invece è accompagnata dal corredo di sintomi indicati sopra, allora è
patologica e richiede un intervento psicologico idoneo. Rifiutarci di prestare
attenzione a questo fenomeno credo sia un errore che noi adulti stiamo già
commettendo; drammatizzarne le circostanze è altrettanto infruttuoso, perché
rende questa emozione insostenibile e direi "socialmente contagiosa". Ma perché
viene? Abbiamo modalità di rispondere alla realtà e agli eventi molto diversi
gli uni dagli altri. Un insondabile mix di predisposizione naturale
(psicovegetativa si direbbe) e di condizionamenti sociali ci conducono a tutto
ciò. Ebbene si, l'ansia si può apprendere nei contesti familiari e amicali come
risposta a stimoli esterni, difficoltà ed ostacoli. Le proteste dei gruppi politici di settore,
a volte scomposte, la narrativa internazionale di alcuni esponenti politici,
apocalittici ma su dettagli marginali, costituiscono l'innesco per suscitare queste
emozioni; la drammatizzazione continua dei media, a volte irrazionale, è, invece,
ciò che mantiene questa disfunzione.
L'evidenza scientifica mostra che occorre tempo per comprendere il clima
veramente, la letteratura psicologica afferma che la risposta ansiosa può
essere modificata (anche solo parzialmente nel peggiore dei casi; nel migliore
dei casi si estingue del tutto con un apposito percorso riadattivo). I ragazzi, attraverso anche questo comportamento, ci stanno dicendo che le dinamiche sociali così come sono oggi non vanno bene. Riflettiamo:
un'economia che conosce solo l'appropriazione del profitto senza dividerne i
frutti, l'utilizzo del corpo a fini meramente erotici, l'incapacità di
tollerare ogni più piccolo ostacolo ai propri obiettivi come se fosse una
tragedia esistenziale, considerare "cosa" una vita appena formata o una che sta
per concludersi, scartare dalla società chi non si adegua (a cosa poi?) o che
non produce e che diventa inutile (ma deciso da chi poi?). Ecco, mi sembra che
questo dovrebbe produrre ansia e disagio; quello di non saper vedere la vita,
di banalizzare il male, di annoiarsi per il tempo che scorre, di rendere cosa
il corpo, sempre a disposizione degli istinti. Questi i mali dei nostri
giovani; e noi adulti (supposti tali) non sappiamo rispondervi, non sappiamo
accompagnare, perché delusi dalle promesse di redenzione ideologica degli anni '70,
stanchi per il ritmo produttivistico che abbiamo impresso alla vita (liberismo
ipertecnologico), noi agnostici che non sappiamo vedere il divino nella
quotidianità. Eco ansia è un male sociale indotto, ma è anche il grido che i
giovani ci rivolgono: dove siete adulti? Abbiamo bisogno di voi!